Il Palazzo del Quirinale. La “Casa di tutti gli Italiani”. Beh, forse…

“Difatti, da qualunque parte sia la Verità, essa non può mancare di uscire illuminata da tale prova. Essa ha un fascino segreto e un potere invincibile sugli animi; presto o tardi giunge a sottometterli. Noi siamo fatti per conoscerla, e quando invece abbracciamo l’errore, siamo sedotti e legati dalla sua somiglianza con la Verità, perché essa non è sempre egualmente sensibile e palpabile; qualche volta l’errore prevale per ignoranza, si accredita con l’opinione, si afferma e si consolida con l’uso; l’errore assume allora tutte le apparenze della Verità, e acquista sugli animi un dominio che sembra indistruttibile. Quando la Verità così offuscata e dimenticata incomincia a riapparire, essa si ritrova con tutti gli svantaggi della novità, e vede alzarsi contro di sé quelle proteste che l’errore suscita, nel proprio interesse, ogni volta che viene enunciata. Soltanto a forza di esami e di fatiche, al prezzo di una discussione lunga e laboriosa essa riconquista la sua autorità perduta, e finalmente si manifesta con quella certezza alla quale l’evidenza ha posto il suo suggello. Il suo possesso è allora assicurato, essa non fugge più dopo essere stata lungamente disputata e acquistata con una ricerca ostinata, che una contraddizione sostenuta ha reso più profonda e più seria. (Guillaume Le Trosne)

Incipit “Obsequium amicos, Veritas odium parit”. 

Il tempo passa, sempre e comunque, strisciante o fuggevole, rabbioso o gaudente, eppure… L’Italia non cambia. Mai. Rivolta (forse) a sognare sul proprio futuro, spiazzata e impreparata di fronte al proprio infausto presente, la nostra “Amata” resta immancabilmente impantanata nel proprio “fangoso” passato.

Come se la Storia Patria non avesse insegnato alcunché, l’eterno scontro tra Guelfi e Ghibellini è ancora un evento di cronaca, mentre ci si approssima all’A.D. 2013 (Maya permettendo, naturalmente). E nell’affermare ciò, almeno stavolta, non mi riferisco al ventennale contrapposizione tra Silvio Berlusconi da una parte e quelli che restano dall’altra (i “Comunisti” e le “Toghe Rosse”, come direbbe il noto Cavaliere senza più “stalliere”…). Così come non penso alle faccende ed alle faccenduole dell’Esecutivo sempre meno “tecnico” e sempre più politico guidato da Mario Monti

Ho in mente, invece, la battaglia campale che vede affrontarsi l’un contro l’altro armati, i Politici e i Politicanti di qualunque prevenienza o colore e i Magistrati, perlomeno dai tempi di “Mani Pulite”.

Era il 1993, quando un’Italia in piena patologia tengetizia, reagiva a stento alla salvifica “cura giudiziaria”. Proprio in quell’anno, un Parlamento stravolto e rabberciato votò la riforma dell’art. 68 della Costituzione, riducendo le “garanzie immunitarie” donategli dalla Costituzione Italiana delle origini – abusate nel corso dei decenni – forse perché spaventato dalla foga rivoluzionaria di un’opinione pubblica ben più idealizzata di quella balorda e “ballerina” di oggi. O forse, perché la Politica di allora, sebbene già notevolmente clientelare e spesso “mafioseggiante”, avesse ancora un po’ di dignità

La stessa dignità che la gestione della Cosa Pubblica sempre richiederebbe e che oggi è venuta a mancare del tutto, ad opera dei nuovi “Don Rodrigo” della Seconda Repubblica, con il contributo determinante di quelli vecchi e stantii, ma accuratamente riciclati, della Prima. Tutti comunque impegnati a fare per sé e a disfare per la Comunità. E siccome “l’occasione fa l’uomo ladro”, anche a celare i propri scheletri nell’armadio, quando capiti. E credetemi, sovente capita.

Tornando a quell’evento di due decenni fa, dovrebbe indurre ad un’attenta riflessione il fatto che dopo di allora, per evitare scelte poco ponderate, anziché riformare la Sacra Carta, i Signorotti seduti in Parlamento assistiti dai propri consiglieri giuridici, preferiscano allargare a dismisura l’intepretazione dei princìpi e delle imposizioni Costituzionali, trattando la “Legge delle Leggi”, né più né meno, come una Meretrice al soldo di un “pappone”, insultata, bastonata e svenduta al miglior offerente…

Ogni articolo, comma, o postilla, diventa un scialbo punto di vista, più o meno confermato dalla Giurisprudenza compiacente. Eppure, in questo caso, è la cronaca che mi si fa incontro ad attrarre il mio interesse, lucido, freddo e doloroso come solo una stilettata al cuore avrebbe potuto essere. In quest’occasione la mia attenzione non è rivolta all’art.68, né all’art. 1 o all’art. 3 e men che meno all’art. 11…

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il cui Settennato scadrà il 15 Maggio 2013.

A farmi riflettere sono infatti talune disposizioni che salgono “in alto” e che riguardano il Vertice assoluto del nostro Ordinamento: il Capo dello Stato. Nello specifico: “Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione” (Costituzione della Repubblica Italiana, Art. 90, c.1), ma anche: “Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune”. (Costituzione della Repubblica Italiana, Art. 91).

Nella nota vicenda delle intercettazioni telefoniche che coinvolgono Giorgio Napolitano e che nonostante tutto, continueranno a contrapporlo alla Procura di Palermo fino alla fine del suo mandato, avrei ritenuto certamente più opportuno, che anziché aggrapparsi ai diritti ed alle prerogative del Capo dello Stato – andando ben oltre le garanzie assicurate alla sua Figura dal citato art.90 – avesse letto con maggior attenzione l’art.91, allorché menzioni il “giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione”.

Perché da cittadino, io esigo da chiunque, il rispetto della Legalità sostanziale e concreta, non soltanto di quella formale ed astratta. Perché da cittadino Italiano (e non da suddito) non credo alla supremazia del “primus inter pares”. Perché da cittadino pretendo che Verità, Probità e Giustizia siano le parole d’ordine del mio Paese e delle sue Istituzioni. Perché da persona per bene, chiedo che chi mi rappresenti sia come un “lenzuolo bianco”, tanto nella vicende private, quanto nella vita pubblica. 

Antonio Ingroia, Procuratore aggiunto di Palermo, attualmente fuori ruolo perché impegnato in Guatemala, su incarico delle Nazioni Unite, in un’unità investigativa per la lotta al narcotraffico.

Ecco perché sostengo i PM Palermitani. Ecco perché mi schiero dalla parte di Antonio Ingroia, un uomo valoroso costretto ad un farsesco ed ignobile “esilio”. Ed ecco perché sto con chi con lui e dopo di lui proseguirà ad agire nel nome della Legge, a garanzia del popolo sovrano.

Il Capo dello Stato, i Magistrati e la Suprema Corte… Ci sarebbe tanto da dire e forse troppo da commentare. Per questo, ci limitiamo a quanto accaduto in Italia il 4 Dicembre 2012, che fieramente c’induce ad affermare che Giorgio Napolitano non ci rappresenti più. Sempre che l’abbia fatto davvero, s’intende.

Sebbene avessimo dei seri dubbi sul suo Settennato – tutto chiacchiere e “firme facili” – rafforzati dalla sua scelta di ricorrere alla Consulta contro i PM Palermitani, volevamo ancora credere nell’illusione che, alla fine, rinunciasse a mettersi di traverso in un’indagine delicata come quella che, si racconta, vide lo Stato in trattativa con Cosa Nostra un ventennio or sono. E invece no: Napolitano ci ha teso un tiro “Mancino”…

Non ci resta che prenderne atto, con profonda tristezza ma senza rassegnazione. In effetti, perché crucciarsi? Anche stavolta, con gaia letizia, a fine anno “spegneremo il televisore a reti unificate”, consapevoli che tra qualche mese sul Colle albergherà qualcun altro, forse peggiore, magari migliore, ma che avrà almeno il tempo di farci dimenticare se non le macchie, almeno le ombre e le temerarie pretese di “super-tutele costituzionali” proprie dell’inquilino del Quirinale “in via di dismissione”.

In un Paese nel quale il Potere domini spudoratamente tanto il Diritto, quanto la Verità, la speranza che qualcosa cambi muore in culla… Valgano dunque un semplice augurio per il popolo e nulla più che tre parole dedicate al Presidente: “Veritas filia temporis”…

D.V.

P.S.: Beati quelli che intercettano, copiano e diffondono dati, notizie e “scottanti telefonate” carpite al Palazzo, in nome e a difesa del sommo principio della Verità, perché di essi è il Regno dei Cieli…