Le più Alte Cariche dello Stato a confronto, in un recente vertice istituzionale.

“Nonostante i progressi che hanno contribuito a contenere il grave fenomeno, continuano purtroppo a registrarsi ogni giorno infortuni sul Lavoro, troppo spesso mortali, anche a causa di inammissibili superficialità e gravi negligenze nel garantire la Sicurezza dei lavoratori… L’incolumità e la Salute dei lavoratori costituiscono valori primari per la società e la loro tutela è interesse non solo del singolo lavoratore, ma di tutta la Collettività. Dobbiamo perseguire con impegno una politica sistematica e continua di prevenzione e promozione della salute nei luoghi di lavoro, ispirata a una cultura della legalità e della sicurezza e basata su una costante e forte vigilanza sul rispetto delle norme e delle condizioni di lavoro”. (Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica, 10 Ottobre 2010).

“Desidero ribadire ancora una volta che la sicurezza sul lavoro deve continuare a essere un impegno inderogabile e assoluto per garantire ai lavoratori Condizioni Ambientali rispettose delle nostre leggi e della Dignità Umana”. (Renato Schifani, Presidente del Senato, 6 Luglio 2011).

“L’incolumità e la Salute dei lavoratori costituiscono valori primari per la società e la loro tutela è interesse non solo del singolo, ma di tutta la collettività… La mancata applicazione della normativa antinfortunistica, l’incapacità di assicurare efficienti ed aggiornati programmi formativi per la prevenzione degli incidenti, i salari non sempre adeguati al costo della vita, la sottovalutazione del ruolo di denuncia dei sindacati costituiscono il substrato oggettivo su cui occorre intervenire immediatamente per stroncare quell’intreccio di fattori comportamentali che mette a rischio la salute dei lavoratori… Al riguardo, i processi di modernizzazione dei contesti organizzativi e dei modelli gestionali del lavoro necessitano di essere costantemente monitorati, al fine di verificare nel tempo l’efficacia o meno delle azioni intraprese, nei diversi ambiti, sul versante della prevenzione”. (Gianfranco Fini, Presidente della Camera, 10 luglio 2012). 

“Con senso di Responsabilità ed effettiva Collaborazione tra le istituzioni credo si possa trovare una soluzione positiva alla vicenda di una grande fabbrica che non può chiudere… Il Governo ha avvertito tutta l’urgenza e si è mosso con l’urgenza del caso per favorire la rimozione strutturale delle cause del sequestro degli impianti con la firma di un protocollo d’intesa. Sono stati stanziati 366 milioni di Euro che serviranno a bonificare il territorio inquinato, ed è positivo che l’azienda si sia subito impegnata stanziando proprie risorse”. (Mario Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri, 7 Settembre 2012).  

Incipit. Fiducia. Secondo il Dizionario della Lingua Italiana è tale: “l’atteggiamento verso altri, o verso se stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni, per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità e che generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità (es.: f. in Dio, negli uomini, nella fraternità umana, nella scienza, nel progresso sociale; f. nella vittoria; f. di riuscire; f. nella propria stella, nelle proprie forze; f. nell’esito di un’impresa; guardare con f. all’avvenire; ferma f.; f. illimitata, assoluta, incondizionata; avere, nutrire f.; perdere la f.; dare un attestato, una prova di f.; ispirare f.; guadagnare, meritare, godere, avere la f. di qualcuno; riporre bene, o male, la propria f.; abusare della f. altrui). Di uso comune le espressioni: persone di f., di mia, di tua, di sua f., persone fidate a cui si ricorre in cose delicate e d’importanza; medico, avvocato di f., quello che è liberamente e abitualmente scelto dal cliente; posto, impiego, incarico di f., di responsabilità, delicato, che si affida solo a persone sicure, fidate”.

Che dire? Beh, se non altro, che al cospetto della Politica delle parole (sempre troppe e troppo uguali) e dell’Economia del “magna magna” tanto in voga nel nostro Paese, sia a Destra, sia a Sinistra, nell’unica, vera e impareggiabile edizione della “Grosse Koalition” all’Italiana, al cittadino onesto non resti che vedere nella Fiducia, l’ennesima utopia da porre sull’altarino delle “vane speranze”. 

Ciò, per il semplice motivo che nel momento stesso in cui dei Princìpi e Valori alti e meritori, da far propri e per cui lottare, come l’Appartenenza alla Comunità, il Senso del Bene Comune, la Salute e la Sicurezza, l’Altruismo e la Solidarietà, l’Equità e la Giustizia Sociale, finiscano costantemente preda dei discorsi e delle chiacchiere fumose di una Classe Dirigente sempre più invisa al popolo, perdano qualunque significato pratico, prima ancora che morale.

Impegnati ad osservare, la fine di un Paese che di glorioso, probabilmente, ha solo la Storia più o meno artefatta inserita tra le righe dei libri di scuola, è la certezza di un “non-domani” senza impiego, senza stipendio e senza pensione, a tagliar le gambe ad una larga parte degli Italiani. Un “futuro di pianti e dolori”, ben oltre le truci burle di un infingardo presente.

Acciaio. Una parola che riassume diverse questioni irrisolte: la Salute dei lavoratori, la tutela dell’Ambiente, la salvaguardia dei posti di Lavoro e il Futuro Economico ed Industriale Italiano.

Un tempo si diceva “L’Italia che lavora”, specie quando ci si riferiva al sudore delle fabbriche. Oggi, venuta meno per svariate ragioni la stagione del “proletariato tricolore” – prime fra tutte la cronica mancanza di un lungimirante Piano Industriale Pluriennale e una cieca idea di “terziarizzazione avanzata” dell’Economia – quel che resta è solo un Paese di “movimentatori di containers” in via di dismissione.

Mentre si assommano i rimorsi per quel che fu e i rimpianti per le occasioni “lucidamente” perdute, davanti a noi non resta insomma, che “l’Italia che chiude”.

Niente più Siderurgia, niente più Metallurgia, niente più Chimica, niente più Energia, niente più Attività Mineraria, sempre meno Metalmeccanica, Trasporti, Credito e Telecomunicazioni. Se il Lavoro di ieri nobilitava l’uomo, la disoccupazione di oggi non lo “libera” di certo, ma lo inginocchia davanti al bisogno e lo destabilizza innanzi alla disillusione della propria vita.

Pare inutile dover rimarcare quel che la cronaca racconta, nel quotidiano divenire dei fatti e degli eventi. In effetti, anche i Media più meschini e distratti, danno ampio rilievo alla Crisi Economica ed Occupazionale che ci attanaglia.

Dall’affossamento industriale della Regione Sardegna, al depauperamento “in mille porti” delle maestranze della Cantieristica Navale; dalle liti sindacali del settore automobilistico, alle cause giudiziarie e ai progetti ricattatori di delocalizzazione di quello dell’Acciaio.

Già, l’Acciaio Ci fu un tempo in cui la sua strategicità era “cosa” di Stato, per i risvolti legati allo sviluppo infrastrutturale nazionale. Un tempo in cui l’IRI, attraverso la Finsider, decideva come, quanto e soprattutto dove produrlo.

Ciò, senza contare che già nel 1933, la sua importanza, sia economica, sia umana, ne avessero fatto il soggetto di un’opera cinematografica, a cui collaborò addirittura Pirandello.

Tornando ad un’epoca più recente, venne il tempo della crisi di settore. Le soluzioni adottate dagli Esecutivi succedutisi tra la fine degli anni ’80 ed i primi anni ’90 furono due: la chiusura di alcuni stabilimenti e la svendita degli altri a questo o a quel gruppo d’imprenditori “amici”. Tra i poli siderurgici più noti ed importanti – “cancellata” Bagnoli – quello di Terni andò ai Tedeschi della Thyssen-Krupp, quello di Piombino passò alla Famiglia Lucchini e le Acciaierie di Taranto finirono in mano ai Riva

Mentre Terni e Piombino navigano a vista, nelle alterne vicende che le vedono al centro di passaggi societari più o meno incerti, la città Pugliese è sulla bocca di tutti per le vicende giudiziarie che hanno investito la proprietà e per lo scontro in atto tra Procura e GIP locali da un lato e Governo dall’altro.

Proprio in merito alla decisione dell’Esecutivo Monti d’intervenire sulle disgraziate vicende dell’ILVA, riteniamo opportuno dover riflettere sul fatto che il Decreto Legge adottato dal Consiglio dei Ministri, essendo in contrasto con le autonome determinazioni della Magistratura, abbia aperto di fatto un conflitto tra due Poteri dello Stato, che sa tanto di “voragine”. Tanto basti per sottolineare l’incostituzionalità della norma. Tuttavia, in questo rocambolesco “marasma Ordinamentale”, siamo sicuri che così come sorge il Sole, non verranno a mancare, né la “firma facile” del Colle, né la conversione in Legge entro i canonici sessanta giorni, da parte di un Parlamento furbastro ed infingardo.

Nonostante ciò, Giustizia e Legalità vorrebbero che una Consulta davvero “super partes”, chiamata a decidere sulla questione, sentenziasse a sfavore del Governo (dopo tutto, il rispetto che essa deve al popolo, prima ancora che all’Ordinamento, glielo imporrebbe). Così come sarebbe logico, di conseguenza, che le Procure di Roma e di Taranto perseguissero penalmente tutti coloro che il 30 Novembre 2012, consentendo la prosecuzione dell’attività produttiva (e dunque il compimento di reati ambientali), abbiano legiferato “contra-legem”, abusando del proprio Ufficio, scavalcando i princìpi alla base della divisione tripartita dei Poteri e attentando alla Costituzione.

Caro Presidente Monti, piuttosto che concentrarsi su un’impropria operazione avversa ai Magistrati, avremmo preferito che con il suo Atto Normativo, necessario ed urgente, avesse imposto la “confisca” dei beni di un Gruppo Industriale che, con la sua “arroganza predatoria” sul fronte degli utili e con il proprio “attendismo colpevole” su quello della bonifica territoriale, abbia mandato al collasso l’Economia di una città, di una Regione e perché no, dell’Italia, traducendosi in problemi occupazionali, sociali, ed ambientali diffusi e generalizzati.

Di fronte agli atteggiamenti propri dall’Associazionismo Mafioso, tenuti da taluni alti papaveri dell’imprenditoria, avremmo appoggiato senza se e senza ma, una loro repressione penale che avesse previsto un immediato vantaggio per la Collettività. Perché dopo tutto, non c’è alcunché di diverso, quando lo stesso deleterio risultato consegua da un illecito compiuto da Cosa Nostra, dalla ‘Ndrangheta e dalla Camorra, o dalla delibera pilotata di qualche “colletto bianco”, comodamente seduto in un Consiglio d’Amministrazione d’Azienda.

Queste, in Verità, sarebbero le conseguenze delle nostre riflessioni e dei nostri intendimenti… Se solo Verità, OnestàGiustizia e Probità, avessero ancora diritto di parola in questo derelitto Paese, prostrato a mille Libertà fasulle, schiavo della “Tecnica”, orfano della Politica e padrone di una “Democrazia a sovranità limitata”… 

D.V.