“Da tempo sono convinto che la sovrastruttura finanziario-borsistica con le caratteristiche che presenta nei paesi capitalisticamente avanzati favorisca non già il vigore competitivo ma un gioco spregiudicato di tipo predatorio, che opera sistematicamente a danno di categorie innumerevoli e sprovvedute di risparmiatori in un quadro istituzionale che di fatto consente e legittima la ricorrente decurtazione o il pratico spossessamento dei loro peculi. Esiste un’evidente incoerenza tra i condizionamenti di ogni genere che vincolano l’attività produttiva reale dei vari settori agricoli industriali, d’intermediazione commerciale e la concreta licenza di espropriare l’altrui risparmio che esiste per i mercati finanziari”. Federico Caffè

Nell’Italia contemporanea, per quanto si tenti di non essere disfattisti, pessimisti o come piace dire a qualcuno “comunisti” – definendo in tal guisa, chiunque abbia idee dissimili dalle sue – è indubbio che sia alquanto difficile, se non impossibile, guardare al futuro con fede e speranza, seppur convinti che più in basso di così sia difficile arrivare…

In effetti, appare quanto mai triste, anzi odioso, che mentre la nostra cultura industriale si perda nei mille rivoli dell’ormai arci-nota crisi economica mondiale, provocata dai miasmi dell’Alta Finanza, si assista impotenti alla mancanza di un’azione di Governo, radicale ed efficace, che vada ben aldilà del semplice proclama declamato ai quattro venti, in scialbe manifestazioni di partito, davanti a telecamere “amiche”, o peggio, durante fetide occasioni mondane, che di politico hanno ben poco.

E’ indubbio, che la necessità di mettere mano ad una riforma in grado di rilanciare il Sistema Italia, riagganciandolo alla locomotiva della competitività Internazionale, sia ogni ora di più, tanto doveroso quanto indifferibile.

In generale, dovrebbe essere assodato che, una volta venuta meno l’attuale congiuntura sfavorevole, quel che chiamavamo “il Mercato”, il valore “ideale” delle valute, le teorie di crescita, i modelli macroeconomici, la pomposa terminologia operativa e le “chiavi” d’intervento della Politica Economica, non saranno più quelli conosciuti fino ad oggi e che imperituri continuano a riempire le pagine degli ormai “datati” manuali di Economia.

Il ritorno ad una visione che passi per la crescita costante ed eterna del PIL, che non tenga conto della “caotica azione disturbatrice” della malversazione e dell’umana ingordigia da un lato e della necessaria tutela dell’equità sociale e distributiva dall’altro, condurrà dritti ad un’ennesima bolla speculativa, che darà nuovamente conto del circolo vizioso cui è stata incatenata l’intera umanità.

Oltretutto, come la Storia recente insegna, è evidente che nell’era della comunicazione digitale e dell’interconnessione totale dei Mercati – nella quale la creatività di alcuni “guru” degli Investimenti e dei guadagni ad ogni costo, non si fa alcun problema a “rapinare” con false promesse tanti sfortunati “Signor Nessuno” – non si debba aspettare troppo tempo per tornare ad asciugarsi le lacrime.

Insomma, da qui in avanti sarà sempre più comune far fronte a “crisi sistemiche generalizzate” di breve periodo – e nel breve periodo – a meno di rivoluzionare profondamente il Capitalismo, frenandone le “derive liberiste” e dando più spazio alle “esigenze regolatrici” imposte dalla moderna e comunque discutibile società dei consumi.

In merito alle problematiche che ci tengono “al palo”, è ovvio che allorché ne usciremo, ne verremo tutti fuori “con le ossa rotte”, salvo qualche fortunato “Princeps” fuori dalla portata degli eventi, il cui unico cruccio sarà al massimo quello di rischiare di perdere qualche posizione nella classifica dei “Paperoni Planetari”, stilata dalla rivista Statunitense Forbes, fregandosene grandemente del destino altrui.

In effetti, nel caso di quelli che un tempo si autodefinivano “Paesi Industrializzati” – Italia in primis – il peso esercitato dalle nuove Economie (che tuttavia “nuove” non sono più da parecchio) aumenta costantemente e a dismisura.

Come in un cane che si morde la coda, ciò contribuisce a “strozzare” ulteriormente, le possibilità di ripresa di realtà come la nostra, prive di capacità d’innovazione, oltreché della volontà politica d’implementare delle riforme condivise, che abbattano i privilegi e ridiano slancio alle fasce reddituali più basse della società contemporanea.

Le soluzioni non possono dunque essere il Protezionismo, i dazi doganali e il “dumping”, né l’abbattimento dei costi che passi per il lavoro nero, o per la delocalizzazione degli impianti. E’ tempo che Istituzioni, Imprenditoria e Rappresentanti di categoria siano “chiusi in conclave” fintantoché non abbiano raggiunto un “New Deal” del XXI secolo, che dia modo al Belpaese di risorgere su basi ben più solide, o meglio antisismiche.

D’altro canto, se è vero che il tumultuoso sviluppo di certi Paesi sia dovuto alla loro capacità di Spesa per Investimenti, anche attraverso il deficit di bilancio – cosa che l’Occidente ormai può solamente sognare – nonché alla voglia dei singoli di accrescere la propria ricchezza e alla capacità di fare gruppo (a dispetto dell’individualismo imperante altrove), è parimenti vero che tale vantaggio competitivo sia riconducibile al Potere Dittatoriale che li accomuna.

Un potere di Governo che opprime il popolo, che ha mano libera in qualsivoglia “reprimenda” dei diritti fondamentali dell’uomo, che quando non nasce da retaggi storico-politici (come nel caso di Cina e Russia), si deve al “cappio della povertà” (come avviene in India, ed in un certo senso anche in Brasile).

La competizione economica giusta si può avere solo con una totale uniformazione di tali diritti e non da meno dei salari, in modo da appianare le differenze tra lavoratori, impedendo la formazione di “faglie abissali” nel Reddito degli individui.

La competizione economica giusta si può avere solo con la totale applicazione dei valori Democratici in ogni Nazione del mondo, oltreché per una fondamentale opera d’istruzione ed acculturamento, che affranchi le masse dal giogo della pena e del bisogno.

Il dubbio è: “esiste davvero un politico interessato al miglioramento delle cose, quando tale miglioramento possa comportare una perdita secca del suo potere”?

Se guardo alla realtà Italiana, quel che vedo fa spavento!

Al dramma generale che si consuma nel quotidiano tra le mura domestiche, nel tentativo di “tirare a campare”, si affiancano tremendi quelli che “fermano il cuore”, quelli che mettono un “groppo in gola”, o che “rigano di lacrime” il viso e che si chiamano licenziamenti, disoccupazione, chiusura di fabbriche. Problemi seri, preoccupanti, destabilizzanti, cui si contrappone il nulla

Non si studia alcun Piano Industriale che non sia solo un istrionico e mirabolante slogan da campagna elettorale “da quattro soldi”.

Non si va oltre alla predisposizione d’incentivi alla rottamazione di questo o quel bene di consumo, continuando a “drogare” mercati già saturi, sull’onda dei falsi bisogni inculcati dalla pubblicità nella mente di ciascuno.

Si persevera nella “Politica del Telemarketing” e dell’auto-promozione, sempre disponibile a far concessioni alle Multinazionali e ai loro ricatti di abbandonare la Penisola al suo destino di miseria e desolazione.

Si taglia sul fronte della scuola e della ricerca e si affonda il coltello nelle ferite di un popolo, “minacciando” imminenti e dolorose riforme del “mercato” del Lavoro e del Sistema Pensionistico (come sovente accade, quando le cose vanno davvero male).

Viviamo una realtà artefatta, tutta “lustrini e paillettes”, in cui per dimostrare che “tutto non va bene” e che anzi, nulla proceda per il verso giusto, ci si trovi costretti a dover salire sui tetti delle aziende in crisi, per guadagnarsi qualche riga sui quotidiani, o addirittura a vestire i panni dei naufraghi su un’isola – quella dei cassintegrati – che solo scimmiottando certe idee idiote dei palinsesti, può assurgere agli altari della cronaca televisiva, persa tra “buffonate pallonare” e stucchevoli pettegolezzi di quart’ordine.

Il nostro è un Paese in cui la mistificazione e la menzogna passano per i numeri; dove dati, statistiche e sondaggi, sono mercificati ad uso e consumo delle chiacchiere di chicchessia. Un Paese dove non s’insegnano la parsimonia, la solidarietà, il vivere civile, ma la furbizia, la contrapposizione e lo scontro tra “guelfi e ghibellini”, tra “bianchi e neri” e dove l’inciviltà e un guazzabuglio di stili di vita discutibili sono promossi in prima serata…

E’ mai possibile che nella più grande delle Patrie della conoscenza e del sapere ogni proposta sia una sfida a duello tra Partiti e che il confronto passi solo attraverso risse verbali e minacce fisiche?

E’ mai possibile che il teatrino della Politica costringa gli elettori a dover assistere alla recita in coro, di risibili “Preghiere” professate dagli eleggibili, piuttosto che a seri “faccia a faccia” in cui si tirino fuori le catastrofi che rischiano di caderci in testa tutte assieme?

E’ mai possibile che tra “bambole”, lacchè, bandiere e palloncini possano “passare” tutte le “bufale” di questo mondo e che solo poche “menti illuminate” se ne avvedano, ma si trovino “censurate al silenzio” a causa delle epurazioni mediatiche decise da un moderno Inquisitore?

E’ mai possibile che “un milione di persone” sia ormai una sterile frase fatta, che torna buona sia per giustificare farneticanti “contratti con gli Italiani”, sia per “far di conto” degli improvvisati assembramenti, di certe fazioni politiche in declino?

E’ mai possibile che un Esecutivo in carica manifesti contro altri Poteri dello Stato, continuando a sbandierare pasticciate riforme Costituzionali in nome della Governabilità – anche avendo una rilevante Maggioranza Parlamentare alle spalle – solo per sviare gli sguardi lontano dai propri insuccessi e dalle voci del popolo “affamato”?

No, non può essere possibile. Non deve essere possibile.

E’ ora di dire basta allo scempio dell’Italia che si compie da troppi anni, solo per la gioia e l’interesse di qualche improvvisato ed imbellettato “capopopolo”.

E’ ora di spazzar via, finalmente, la sensazione di perenne Stato d’assedio che si percepisce nell’aria.

Per questo, rammentando un vecchio slogan elettorale che a suo modo fece “epoca”, ci si può solo augurare che ogni voto espresso alle prossime Amministrative sia una “picconata” inferta ai Palazzi del Potere e a quel certo “qualcuno” che dall’alto della sua incerta fama di Statista, continua tranquillamente a beffarsi delle suppliche del popolo sovrano, a suon di serenate napoletane

D.V.