“Il massimo della stupidità si raggiunge non tanto ingannando gli altri ma sé stessi, sapendolo. Si può ingannare tutti una volta, qualcuno qualche volta, mai tutti per sempre”. John Fitzgerald Kennedy

E’ trascorsa quasi una settimana, dal duplice attentato esplosivo che ha insanguinato le strade di Baghdad, segnando lo spaventoso bilancio di almeno 180 morti e 600 feriti.

Fin dall’inizio della nuova era post-Saddam, l’Iraq è stato scosso quotidianamente, da atroci azioni destabilizzanti, a base di bombe e sommarie esecuzioni. Tuttavia, quello avvenuto Domenica mattina, è stato uno dei più gravi atti terroristici nella storia del Paese, così come lo fu – per i risvolti politico-diplomatici conseguenti – quello in cui nel 2003 fu ucciso l’inviato speciale delle Nazioni Unite, Sergio Vieira de Mello, che rimase intrappolato sotto le macerie della sede O.N.U., rasa al suolo da una devastante deflagrazione.

Com’è ormai d’uso, portatori di morte sono stati un camion ed un’auto, imbottiti d’esplosivo e fatti saltare in aria a distanza di pochi minuti, nei pressi del Ministero della Giustizia e della sede del Governatorato Provinciale di Baghdad. A creare perplessità all’interno del Governo guidato da Nuri al-Maliki e rabbia nella popolazione, è il fatto che i due edifici colpiti si trovassero entrambi nella superfortificata “Green Zone”, così come molte altre Istituzioni, comprese le ambasciate dei Paesi Occidentali. Pertanto si può ragionevolmente ritenere, che non esista più alcuna barriera avversa al dilagare della violenza.

Mentre si continua a discutere, sul fatto che si possa essere trattato di azioni Kamikaze, si è ormai sicuri che l’attacco sia stato messo in atto quale ritorsione, contro il previsto accordo sulla riforma elettorale, che condurrà alle Elezioni Politiche del prossimo 16 Gennaio.

Il nodo da sciogliere è sempre quello della convivenza forzata tra Sciiti, Sunniti e Curdi… Intrecciato agli interessi legati alla spartizione delle Riserve Petrolifere, ancora abbondanti nel sabbioso sottosuolo “Mesopotamico”.

Dopo che lo scorso 30 Giugno le truppe Statunitensi si sono ritirate entro le proprie basi, lasciando il controllo del territorio al ricostituito esercito locale – in quello che è stato ribattezzato come Giorno della Sovranità Nazionale, dalle presuntuose autorità Irachene – ed in attesa del disimpegno definitivo, previsto per il 31 Dicembre 2011, pare proprio che i timori ed i dubbi espressi da diversi Osservatori Internazionali – relativamente all’inadeguatezza operativa delle nuove Forze Armate – stiano dimostrandosi più che assennati.

Le “crepe” presenti nel sistema di sicurezza messo in piedi da Baghdad, paiono destinate ad allargarsi e a far crollare la fragile e corruttibile proto-Democrazia impiantata nel Paese.

E’ noto che larga parte della popolazione rimpianga da tempo, ed apertamente, il regime di Saddam Hussein. In effetti, almeno sul fronte Interno, il Raìs riusciva a garantire la massima sicurezza, contrastando la volontà della maggioranza Sciita d’instaurare una Teocrazia Islamica – sull’esempio del vicino e connivente Iran – tenendo a bada l’irredentismo Curdo, ed evitando le infiltrazioni di Al-Qaeda entro i propri confini.

A distanza di 6 anni dall’avvio del conflitto, mentre la Storia ha dimostrato l’artificiosità delle ragioni che ne furono alla base, la realtà dei fatti sta palesando l’incapacità delle Istituzioni Mondiali (O.N.U. in primis) di pacificare il neonato “Democratico” Stato Iracheno.

E’ trascorso tanto tempo e centinaia di migliaia di persone hanno perso la vita, ma delle“armi di distruzione di massa” prese a pretesto da George W. Bush per scatenare il conflitto – e per cui pretese la fabbricazione di prove fasulle da parte della CIA – nessuno ha più sentito parlare. Se solo Giustizia regnasse su di noi, le folli decisioni Politiche dell’ex-Presidente, basterebbero ad accusarlo di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità, facendogli dire addio alla “pensione” che trascorre nel suo ranch Texano…

Al contrario, l’attuale inquilino della Casa Bianca, Barack Obama, ha probabilmente compiuto un errore madornale, scegliendo l’Afghanistan come unico “riferimento” bellico della propria Amministrazione e lasciando “scoperto” troppo rapidamente il “teatro” Iracheno. L’opportunità di “passare la mano” avrebbe senza dubbio dovuto essere soppesata, in maniera più accorta e ragionata, così da mettere in campo soluzioni valide ed efficaci, per il bene di tutta la popolazione. E poi si sa: la fretta è una cattiva consigliera. Non sia mai che sull’intricata questione Mediorientale, l’uomo portatore di speranza, con una mossa avventata, finisca per giocarsi un eventuale secondo mandato Presidenziale, restando con in mano un pugno di mosche… Ed un Nobel impolverato.

Nel frattempo, in attesa della prossima strage, in attesa di nuove vittime innocenti immolate sulla pira sacrificale, torna buona l’idea che non possa esservi un Ordine Democratico forte e duraturo, là dove esso sia stato imposto con la forza, poiché un Regime è sempre pronto a scalzare il precedente…  Insomma, a dirla più semplicemente, le bugie della Politica (beh, almeno quelle) hanno davvero le gambe corte…

D.V.