Io continuo a professarmi uomo di destra: ma la mia destra non ha niente a che fare con quella “patacca” di destra che ci governa”. Indro Montanelli

Alla fine è giunta la resa dei conti.

Già, perché neppure troppo inaspettatamente, durante la Direzione Nazionale del PDL, le cariche dello Stato n°3 e n°4, in veste di co-fondatori del partito, se le sono date di santa ragione, almeno a parole, mettendo una pietra tombale sopra al rapporto politico ed umano che li legava da oltre quindici anni.

Erano i primi anni ’90, era tempo di elezioni – come sempre accade in Italia – e interpellato su chi avrebbe voluto Sindaco di Roma, nel ballottaggio tra Gianfranco Fini e Francesco Rutelli, l’imprenditore Silvio Berlusconi si schierò dalla parte del primo.

Per le cronache del tempo, egli divenne subito: il Cavaliere Nero.

Un Cavaliere errante – senza più un “Principe” da servire e dal quale ricevere “protezione” – pronto a scendere sul campo della battaglia Parlamentare, per risollevare le sorti del “Feudo Tricolore”, per regalare “nuova prosperità” a noi poveri vassalli vessati da tasse e burocrazia (ma che bravo) e magari, a tempo perso, per evitare di cadere lui stesso, sotto ai colpi di quei Giudici Lanzichenecchi che lo avevano privato d’improvviso, della vantaggiosa copertura garantitagli dalla fortezza Craxo-Socialista

Dal canto suo il futuro alleato, forte della “benedizione” ricevuta, perse comunque la disfida per il Campidoglio ma poté, di lì a poco, entrare a far parte di un Governo pienamente legittimato dalle urne, cancellando pian piano, ogni triste ed anti-storica reminiscenza del passato. Lo sdoganamento di una formazione d’ispirazione Fascista era cosa fatta.

Da allora sembra passato un secolo e tra i due, nati e cresciuti nella culla di una fumosa e quasi invisibile II Repubblica, sotto lo sguardo ondivago degli Italiani, tutto pareva procedere a gonfie vele (soprattutto dopo aver perso per strada il “cerchiobottista” Pier Ferdinando Casini) ma in realtà ciò non era, perché sin dall’inizio non avrebbe dovuto essere.

Al personalismo populista e demagogico di Berlusconi, sempre pronto far concessioni all’estremismo politico di Umberto Bossi, ha cominciato a contrapporsi, nell’ombra dei Palazzi, la crescente personalità di Statista e di “faccia pulita” delle Istituzioni di Fini, sempre più deciso a raddrizzare il timone di un veliero senza più scialuppe (l’Italia), che dopo aver perso la rotta, da troppo tempo naviga a vista, rischiando di naufragare contro il primo “scoglio” invisibile all’orizzonte.

Al susseguirsi di sfacciate norme ad personam, ed ai continui attacchi indirizzati verso altri Organi dell’Ordinamento Statuale, giustificati dalla menzognera, puerile e svergognata esigenza di soddisfare i bisogni dei cittadini, ha fatto per troppo tempo da contraltare, un senso di nausea sempre più incontrollabile e pericoloso, contornato da Appunti informativi, Considerazioni politiche e Richiami pubblici al rigore ed al rispetto tra Poteri, che in ultimo ha prevalso sull’originario spirito di comunione dei Principi ideali di base, facendo sbottare l’ex leader di Alleanza Nazionale.

Lo scontro tra leaders che si è consumato in diretta TV, a metà tra il romantico ed il grottesco, ha fatto la Storia, perché ha mostrato la vera faccia della Politica Partitica. Quella che normalmente viene data in pasto ai media già edulcorata, riveduta e corretta, attraverso scarni e neutrali comunicati stampa, al termine di ogni Consiglio dei Ministri, di faccia a faccia privati e di segretissimi, o meglio noti, notissimi “Patti della Crostata”.

Una novità che ha sbalordito gli attoniti spettatori, tra brividi d’incredulità, di giubilo, di gioia, finanche di odio ed inquietanti dubbi su quel che possa accadere, da qui a qualche settimana.

Sono davvero pochi, coloro che possano fregiarsi del titolo di indifferenti.

E’ evidente che la Destra Italiana di Governo sia ormai appiattita su temi che nulla abbiano a che vedere col popolo, che non abbia più riferimenti ideali che non siano slogan da quattro soldi e che al suo interno, sull’onda d’interessi personali, familiari o locali, sia frammentata quasi quanto il PD (e ciò non è proprio un bel vedere).

E’ venuta meno, finalmente, quell’unanimità di vedute che rammentava un altro Ventennale Regime

Tuttavia, pensare alla storia dei due galli nel pollaio sarebbe riduttivo, se non addirittura fuorviante. La chiave di lettura è un’altra. Solo chi sappia ragionare più in grande, chi sappia guardare oltre i confini del proprio “orticello”, senza che i fumi dell’egoismo gli annebbino la vista, può davvero cogliere l’importanza del gesto di “rottura” intrapreso dal Presidente della Camera.

Ad una Lega Nord che aspira a realizzare le proprie balzane idee secessioniste, si affianca un’accozzaglia di personaggi – figli di una moderna Simonia Istituzionale – e qualche “mente illuminata” che finalmente pare essersi ridestata dal torpore e puntare dritta a risollevare le sorti del Paese, anche venendo a patti con ex avversari, dalle storie e dai colori più diversi.

Una Terza Posizione che se da un lato mal si concilia con il decisionismo Berlusconiano e che fa temere un prossimo “azzeramento” di quella scelta unitaria che rese un tutt’uno AN e Forza Italia, dall’altro preoccupa i “nipoti di Alberto da Giussano”, timorosi di non aver più i numeri per tagliare il traguardo di quel Federalismo alla Padana, in prospettiva “Secessione”.

Una Terza Posizione che si ribella al sentimento Antinazionale spuntato qua e là, in conseguenza dell’immobilismo economico e sociale di chi goda del privilegio di Governare l’Italia, della mancanza di un Progetto comune di rinascita e della rassegnazione ormai imperante tra la gente.

Qualsivoglia tentennamento avuto dal Presidente Fini, al cospetto della nuova creatura politica, è stato cancellato dai colpi di fioretto inferti ad un avversario già caracollante, per i postumi dei propri demeriti di guida dell’Esecutivo.

In pochi l’hanno ancora compreso in pieno – certo non gli storici “colonnelli” di AN – ma Gianfranco Fini ha “incendiato le barricate”… Ha vestito i panni del profeta di una Rivoluzione Democratica e si è aperto un varco per assurgere a guida del Paese entro la prossima Legislatura, sempre che un progetto in tal senso non sia biecamente cancellato, sulla scia di eventuali Elezioni anticipate “reazionarie”.

Il suo compito di uomo lungimirante è solo uno: rifondare la Destra su basi sociali e solidali – senza temere l’appellativo di “giustizialista” quando serva – ponendo di nuovo l’onesta e il bene della Nazione tra i suoi obiettivi prioritari.

Rifondare la Destra prima che il “Partito Azienda” imploda con la fine di Berlusconi e per evitare che il futuro dell’Italia porti il nome di Marina, o di Piersilvio – o peggio di Renzo – in una sorta di nepotistica successione del Potere e degli scranni, senza meriti o demeriti, dovuta a scialbe velleità di Santità Dinastica…

Rifondare la Destra per impedire che nuovi imprenditori “si prestino” alla Politica – spinti da un risibile “senso del dovere” verso la Patria – per poi finire solo ad assommare una nuova carica, a quelle (innumerevoli) già ricoperte “in altalena” nel mondo degli affari. Vedi un tal Montezemolo… L’Italia non ha certo bisogno di ulteriori “discese in campo”, né di personalità mediatiche che riempiano di nuovo le case degli Italiani di pure, stucchevoli, inutili chiacchiere.

Rifondare la Destra in un Polo Democratico – scansando garbatamente gli interessati inviti di voltagabbana Casinisti e Rutelliani – che presti orecchio alle idee ed alle proposte della “Piazza Organizzata” e che non tema di confrontarsi allo stesso tavolo di Di Pietro e Bersani.

Un’Italica Große Koalition che tagli fuori ogni sterile estremismo peronista e che sappia prendere il meglio da Destra e da Sinistra, nel nome dei valori Repubblicani, dell’Unità Nazionale, dell’Equità, della Cultura, della Giustizia e del semplice rispetto della Legge.

C’è bisogno di uomini Politici operosamente impegnati ogni giorno nel tentativo di fare il bene del Paese. Delle “Porte aperte”, attraverso le quali la parola Partecipazione possa prender concretezza.

Non ho alcun dubbio, che l’Onorevole Presidente della Camera sia all’altezza del ruolo che gli competa. Per questo, confido in lui.

“…Dum loquimur, fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero”.

D.V.