“A proposito di Politica… Ci sarebbe qualcosa da mangiare”? Antonio de Curtis, in arte Totò

Sono trascorse appena due settimane da un appuntamento elettorale “sotto tono”, che attraverso la massiccia rinuncia all’esercizio del diritto di voto ha dimostrato la crescente disaffezione dei cittadini verso la Politica, eppure già tornano a farsi largo i timori, di quanti guardino con cupa preoccupazione al rinnovato successo di quel partito “pseudo-rivoluzionario” chiamato Lega Nord.

In effetti, se è vero che la Democrazia trovi nella Partecipazione popolare la via maestra perché si compia pienamente e non resti solo propaganda, non vi può essere dubbio alcuno, che nelle mire di tale Formazione vi sia puramente e semplicemente lo “smembramento” del nostro Paese.

Quanti si ostinino a negare tale verità, continuando magari a cavalcare il sentimento anti-Sistema che in origine ne caratterizzò il successo, o mentono consciamente ed impunemente – solo per perseguire un bieco interesse personale, ideale e particolare, a scapito del bene comune, concreto e generale – o sono degli sciocchi ottimisti.

Il rischio di “secessione morbida” richiamato con lungimiranza, qualche tempo fa, dal Presidente della Camera, Gianfranco Fini, dopo il risultato delle urne si appresta a cedere il passo a un vero e proprio “massacro geo-politico” nazionale, che va ben oltre ogni condivisibile progetto di devoluzione dei poteri, che sia pur minimamente rispettoso dei canoni Costituzionali.

A dispetto di alcune dichiarazioni concilianti di Umberto Bossi – rilasciate più che altro per rassicurare l’ingombrante alleato, il PDL di Silvio Berlusconi – è cosa nota che gli “uomini di verde vestiti” abbiano già cominciato ad accampare diritti e pretese, facendo leva sull’enorme “potere contrattuale” assegnato loro dalle scelte di un elettorato disorientato, stravolto dai problemi del quotidiano, ed esasperato dalla mancanza di un rapporto diretto e “produttivo” con le usuali Forze di Governo e d’Opposizione.

Al consueto scuotimento dei Palazzi, che al grido di “Roma Ladrona” vede da sempre impegnati i Ministri venuti dal Nord – come fossero moderni Lanzichenecchi assedianti la Capitale – si è aggiunta insomma la catastrofica onda di tsunami post-Amministrative, che oltre ad aver realizzato di fatto, quella Padania tanto cara ai Leghisti della prima ora, ha cominciato a reindirizzare le priorità dell’Esecutivo in carica (se mai ne abbia avute).

Già, perché come di consueto, non c’è Italico appuntamento elettorale che non scombini le forze e gli equilibri Parlamentari, pur non avendo nulla a che vedere con la nomina di Deputati e Senatori.

Comunque sia, una cosa è sicura: all’immobilismo e all’inedia degli schieramenti “tradizionali” – sempre più destinati all’oblio, anche in considerazione del crescente vigore dei “movimenti” della Piazza – fa da contraltare la forza del “Carroccio”. Una forza che nasce dalla capacità di stare vicino alla gente e di coglierne al volo gli umori, così da mutare in corsa la propria tattica politica, tenendo ben saldi gli obiettivi strategici.

La capillare diffusione sul territorio – che ricorda quella delle “sezioni” del PCI d’un tempo ormai andato – la “prossimità” alle famiglie e agli individui (e ai loro drammi economici e del lavoro), la riconosciuta capacità di “far passare” tante proposte populiste che fanno presa sull’uomo della strada (lo spettro dell’immigrazione “selvaggia”, la questione sicurezza, la questione “settentrionale”, ecc. ecc.) sono le chiavi del suo successo e rappresentano solo l’incipit della realizzazione dei propri “progetti ideologici”.

Dalla “Rivoluzione Proletaria” cara a tanti compagni, si è passati a quella “Federalista” (ed egoista) auspicata dagli emuli di Alberto da Giussano.

Una Rivoluzione cieca ed antistorica, che a dispetto dei valori Risorgimentali di Unità e d’Amor Patrio – e giusto per il truce godimento di qualche “montanaro pre-Alpino” – sogna una Penisola divisa in tre: “verde” al Settentrione, “rossa” al Centro, “bianca” al Sud (quasi a prendersi gioco delle sfumature cromatiche del sacro Tricolore).

D’altro canto, come in una sorta di Par Condicio ante litteram, è bene ricordare che quando si tratti di “piazzare” qua e là persone di fiducia – ma dalle dubbie capacità di Amministratore Pubblico – mettendo da parte ogni parvenza di meritocrazia, la Lega paia voler seguire il modus operandi della vituperata “Balena Bianca” Democristiana.

La scelta di candidare il “delfino” del Senatur, Renzo Bossi alla carica di Consigliere Regionale in Lombardia, è alquanto indicativa di simile atteggiamento e mette in luce l’esistenza di un insolito “Nepotismo Padano”, che ironicamente sembra rammentare: tutto il mondo è Paese”! Soprattutto in quella “striscia di terra” che va giù dritta, dalle Dolomiti al Canale di Sicilia, senza distinzione di dialetto, usi, costumi, tradizioni e “campanilistiche chiacchiere da bar”.

E pensare che alcune “menti annebbiate” già parlino di III Repubblica: federale, presidenzialista e magari con un Primo Ministro “valligiano bergamasco” con tanto di moschetto a tracolla e “Sole delle Alpi” per bandiera…

Una III Repubblica che in un sol colpo prenderebbe il posto di una II mai nata e di una I mai morta e più arzilla che mai…

Una III Repubblica che – perché no – a forza di idee balzane potrebbe essere, alla luce del Sole, anche Piduista, Teocratica, Nazionalsocialista e chi più ne ha più ne metta, visto che nel calderone delle scempiaggini riformatrici di quart’ordine, che si tiene costantemente “sul fuoco”, si butta un po’ di tutto!

Insomma, prima che sia troppo tardi e che il futuro sia compromesso dall’insensata opera di qualche barbaro Riformatore”, tanto incapace quanto improvvisato, dev’essere impedito che alla comunanza dei problemi si risponda con la divisione, l’invidia ed il provincialismo. E’ necessario che tutti i cittadini assennati serrino le file e facciano “fronte comune” contro gli intenti predatori e di devastazione che puntino a ridurre lo Stato Italiano ad un insieme di entità geografiche dal gusto pre-Unitario.

E’ ora di riporre nel cassetto ogni etichetta politica o tessera “ideologica” e di rinnegare in pieno l’adesione al “Partito del non voto”, riscoprendo l’importanza del far sentire la propria voce, del “mettersi di traverso” in prima persona e del gridare al mondo: no, non sono d’accordo, non mi sta bene!

E’ incredibile quanto sia doloroso sentir parlare di disimpegno e quanto faccia male male sapere che tanti elettori “infoltiscano” le schiere degli astenuti, perché ritengano di aver perso il proprio punto di riferimento, il proprio “baluardo” contro la Politica delle menzogne, che stordisce e non progredisce.

Elettori senza “approdi degni d’attracco”, che disertano i seggi per evitare di dar credito a “Rappresentanti che non li rappresentino”, credendoli, spesso a ragione, “tutti uguali” e mandandoli “tutti al diavolo”, salvo poi riservarsi il diritto di lamentela.

Può sembrare la soluzione, ma ciò non è.

Tale è la via che conduce a più profonde lacerazioni sociali ed economiche tra individui, che non raddrizza la schiena ai troppi oziosi detentori del Potere e che finisce per dar peso eccessivo, finanche decisivo, a posizioni politiche estremiste, minoritarie e prive di riferimenti etici condivisibili, come accaduto nell’ultimo ventennio con la Lega Nord.

La giusta esigenza di cambiamento e di rinascita Nazionale non può essere confuso con le visioni mistiche e le manie auto-celebrative di qualche insulso personaggio cancellato dalla Storia, già prima che la Storia sia passata oltre.

Non ci si può piegare al disfattismo, né ad un futuro di pena e rassegnazione, ma è quanto mai necessario, impegnarsi in prima persona, ciascuno nel proprio ambito, affinché Giustizia, Equità, Solidarietà sociale, “Bene comune” e Libertà tornino ad esser le parole d’ordine di un Ordinamento Statuale Italiano, forte, unito e fiero…

…A dispetto delle vili speranze di qualche inetto e farfugliante capopopolo.

D.V.