Laurea“La difficoltà non sta nel credere nelle nuove idee, ma nel fuggire dalle vecchie”. John Maynard Keynes

Forse non ci avete mai pensato. Forse invece lo avete fatto, salvo poi rinunciare a cercare una soluzione al problema. O magari siete tra quelli che ne stanno alla base e perciò vivete comunque tranquilli e sereni…

Mi riferisco al grigio futuro che si prospetta in Italia per le nuove generazioni e perché no, anche per quelle un po’ più segnate dal tempo.

E’ certamente vero che l’angosciante Storia Politica Italiana non stia lì per caso, così com’è purtroppo vero, che essa faccia pesare le conseguenze di troppe azioni da “Gatto e la Volpe” chissà ancora per quanto. Il problema è che da tale Storia, non discenda alcun concreto insegnamento per la politica contemporanea, che a dispetto delle fatwe lanciate verso il passato, ha scelto di allinearsi al modello personalistico e furbetto dell’Ancien régime

Partendo da un sistema scolastico e educativo disastrato, che sforna tronisti e veline, registi ed attori internauti, anziché scienziati ed ingegneri, quello che vedo è che si vada avanti nel lasciar scappare i tanto nominati “cervelli” – siano essi fisici, biologi, medici – decisi a far fortuna nei tanti Paesi, che assennatamente se li accaparrino. Unica scema consolazione? Gli applausi e l’intervista di rito, fatta dalla TV di Stato, quando essi siano protagonisti di scoperte d’importanza mondiale… Evviva il becero patriottismo!

Ciò che incomprensibilmente continua a dominare, è l’uso di “premiare” i furbi e i disonesti a suon di Scudi fiscali, anziché punirli a forza di scudisciate, gogna, o per lo meno galera

Prevale la salvaguardia di realtà economiche improduttive, malgovernate e che fanno il male del cittadino onesto, come il settore bancario. Fateci caso. Prima si è preferito assegnargli dei fondi dall’entità indefinibile, per evitarne il tracollo. Poi si è continuato garantendogli i mezzi per rivitalizzare l’economia reale.

Risultato? Con il loro comportamento di chiusura, le banche rendono di fatto più conveniente per il piccolo imprenditore, per l’operaio, per il padre di famiglia, rivolgersi agli usurai. E’ statistica. Il denaro che dovrebbe finanziare la “ripresa” del Sistema Economico, difficilmente viene messo in circolazione. E pensare che ai tempi delle “vacche grasse”, era tutto un fiorire di bond e prodotti derivati offerti a frotte di pensionati e casalinghe.

E’ proprio vero: “c’è sempre chi cade in piedi”.

Da ultimo, si finisce per ignorare aziende in crisi – quelle dell’economia “vera” fatta di sudore e sacrifici – in cui centinaia e centinaia di persone rischino di restare per strada, si chiamino di volta in volta Innse, Manuli, Merloni, Fiat, Thyssen Krupp, ecc. ecc…

Senza impelagarsi in ragionamenti su Nazionalizzazioni ed aiuti di Stato – buoni solo a riempire le bocche dei burocrati di Bruxelles – sarebbe più proficuo per tutte le parti, infondere capitali “freschi” direttamente nelle imprese, scansando l’intermediazione finanziaria.

Sarebbe opportuno dare vigore al sistema produttivo cooperativo, senza per questo essere additati come comunisti. In tal modo si cementerebbe la forza lavoro per l’obiettivo comune, si eviterebbe il costoso ed inutile salvagente assicurato dalla CIG, si ridimensionerebbe il ruolo – indefinibile – delle banche, e si limiterebbe l’intervento – da rivoluzione “di carta” – dei sindacati, pronti a far baccano solo di fronte all’evidenza della chiusura di un dato sito produttivo.

Si sente continuamente il richiamo mediatico verso quei giovani “bamboccioni” quarantenni, che vivendo con la famiglia d’origine, rinuncino a crearsene una propria. Si sentono storie di famiglie sul lastrico, a causa delle magagne della Finanza. O di individui che si ammazzino dopo aver perso il posto di lavoro. Ma quand’è che una persona si possa sentire libera di metter su famiglia e di “tendere” alla felicità? Quale certezza offre questo meccanismo fatto di bastonate ai giusti e di coccole e carezze agli infami?

Un promemoria per i nostri impegnatissimi managers della Politica Parlamentare: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società“. Costituzione Italiana, art. 4

Parole che valgono ancora? O mi devo arrendere al fatto che la nostra Beneamata sia davvero diventata una Repubblica delle banane?

D.V.