“Ma la causa vera di tutti i nostri mali, di questa tristezza nostra, sai qual è? La Democrazia, mio caro, la Democrazia, cioè il governo della maggioranza. Perché, quando il Potere è in mano d’uno solo, quest’uno sa d’esser uno e di dover contentare molti; ma quando i molti governano, pensano soltanto a contentar se stessi e si ha allora la tirannia più balorda e più odiosa: la Tirannia mascherata da Libertà”. Luigi Pirandello

A quanto pare tutto scorre, ma nulla cambia. O almeno così pare, nel Paese della Democrazia perennemente zoppicante.

Ma partiamo da lontano…

Prendete un Elettrone che giri attorno ad un nucleo atomico. Per quanto esso s’impegni e s’ingegni, nel tentativo di scappar via, libero nell’aere della materia, la Fisica delle Particelle lo obbliga “ab Aeternum” a compiere lo stesso, scontato, univoco, ed un po’ “palloso” tondeggiante percorso.

Prendete ora un Pianeta che giri intorno ad una stella. Sebbene esso tenti di sfuggire dall’orbita assegnatagli dal fato, da Dio, da un “Grande manovratore delle esistenze”, o più semplicemente dall’evoluzione post Big Bang, la Gravitazione Universale gli impone di seguire la stessa orbita, indefinitamente.

In entrambi i casi, il destino è segnato ed immutabile, a meno che una forza esterna giunga improvvisa, a stravolgere “il tutto”, deviando l’elettrone o il pianeta dalla loro infausta sorte e creando le condizioni per una piccola o grande Rivoluzione dagli esiti incerti, ma comunque innovativa dello status quo.

Delirio d’onnipotenza? No, solo indiscutibili verità scientifiche.

Torniamo a noi.

Se date un’occhiata fuori dalla finestra, se vi fermate un momento a riflettere, ad analizzare ogni piccola colpa riconducibile al fatto di vestire i panni del cittadino rassegnato – e che al massimo si limiti a valorizzare le parole Partecipazione e Democrazia, giusto ogni tanto, nel segreto del seggio elettorale – è facile costatare che quel che accada nell’infinitamente piccolo e nell’immensamente grande, si ritrovi parimenti, negli eventi che quotidianamente scuotono l’Italia.

D’altronde, per quanto il Tempo e la Storia appaiano degli ottimi insegnanti, il compito di tenere a bada un popolo in maggioranza bizzoso, presuntuoso, ossequioso innanzi al Potere, finanche un po’ folle e che se ne frega del prossimo, non si confà loro. O meglio, è una pura e semplice utopia.

Non v’è esempio alcuno, che sia tanto “esemplare” da evitare di ricadere negli errori del passato. E’ una “ruota che gira”, male, perché le cose paiono dover andare, ahinoi, nella direzione sbagliata. E’ il triste destino della nostra ondivaga e tentennante Repubblica, prima, seconda o addirittura terza, che dir si voglia.

Chiamateli pure corsi e ricorsi, fatto sta che tutti gli eventi cacciati dalla porta, prima o poi rientrino “democraticamente” dalla finestra, più balordi che mai.

E ciò è quanto mai indicativo, soprattutto in un periodo in cui o sei un ottimista un po’ bacato – che chiude gli occhi davanti alla realtà e se la ride impunemente – o sei etichettato come un pericoloso sovversivo, quale che sia la tua reale posizione politica personale (come sa bene, suo malgrado, il Presidente della Camera, Gianfranco Fini).

Come non accorgersi, tra una tangente che esce e una che entra, tra una minaccia di Crisi di Governo che si spegne e una che “cova sotto alla cenere”, tra una bolla speculativa che va e una bolla speculativa che viene, tra una “frattura” del sistema industriale che si rimargina e un’altra che si apre, tra un matrimonio che si celebra e un divorzio che si consuma, delle similitudini e delle reminiscenze che leghino i fatti di ieri con quelli di oggi?

Era il 1992 quando un’immane tempesta finanziaria mise in ginocchio la Lira (sbattendola fuori dallo SME) e la “rampante” economia industriale familiare da quattro soldi del Belpaese, rotolò giù di botto, dalla montagna di false certezze che si era costruita all’ombra delle oscure “manovre di Palazzo”, che da sempre la univano (ed uniscono) alla Politica.

Era il 1992 quando l’inchiesta Mani Pulite scoperchiò il calderone del clientelismo e del malaffare Politico-Istituzionale, dando il via, nel contempo, all’ennesima Italica “querelle” attorno a chi dovesse governare cosa

In diciott’anni è forse cambiato qualcosa? Beh, forse ieri s’incassava anche per il partito, oltre che per sé, o forse mentre ieri c’era ancora una parvenza d’ideale politico alle spalle, oggi si usa la politica come un mezzo per fare rapidamente carriera e per curare più da vicino i propri interessi, magari godendo di una candidatura-premio ad hoc, destinata solo a ricambiare favori con meno “giri di parole”.

Oggigiorno, A.D. 2010, mentre l’Ordinamento Statutale è destabilizzato da vili manovre che puntano alla sua dissoluzione, dietro alla maschera del Rinnovamento Federale e mentre si rialzano i “polveroni tangentizi” grazie all’opera di alcuni benemeriti Magistrati – unica fronda di un’opposizione altrimenti latitante in Parlamento – i Mercati si adoperano per assestare il colpo di grazia al “vetroso” Sistema Economico Nazionale.

Nulla è cambiato. Il cittadino medio continua ad avvelenarsi il sangue, a rodersi il fegato, ad ingoiare bocconi amari mentre Statisti, “Peronisti” e Qualunquisti d’ogni genere e specie, continuano a riempirsi le saccocce, come d’uso, parlando di fiducia e di rilancio, ed assicurando di fare bene del Paese e delle future generazioni. Cose già viste, chiacchiere già sentite, pene già vissute.

Servirebbe un Piano. Solo uno stravolgimento rapido, definitivo e risolutore che estirpasse il cancro dell’illecito scambio, del favore oneroso, dell’idea del “così fan tutti”, potrebbe garantire allo Stato Italiano un futuro che non si chiami incertezza e che non conduca dritti ad un “default” in stile Argentino.

Dover assistere alle vicende giudiziarie di Guido Bertolaso, di Giuseppe Ciarrapico, di Nicola Di Girolamo, di Claudio Scaiola, di Denis Verdini e di tanti altri Sig. Nessuno, più o meno “vicini” alle posizione di quel moderno “Partito del fare” chiamato PDL, la dice lunga su quale tragicomica situazione stiano vivendo, sulla propria pelle, i tanti cittadini onesti e lavoratori, in qualità di elettori e di contribuenti.

Ormai la parola Libertà fa sempre più spesso rima con impunità e mentre sullo sfondo, tra una prescrizione ed un rinvio, tra un Lodo ed un Legittimo Impedimento, attendono una conclusione le varie pendenze del nostro “caro leader”, Silvio Berlusconi, i furbetti del quartierino di qualche tempo fa, sono stati soppiantati, alla bene e meglio, dagli odierni “furbetti del predellino”.

Insomma, la massima di questi tempi sciagurati potrebbe essere: credere in tutti, fidandoti di nessuno, nella certezza che l’umana cupidigia, alla fine, immancabilmente trionfi, lasciandoti con le braghe calate e con il cappello in mano…

…Dopo tutto, se far politica volesse dire “fare cassa”, saremmo tutti degli ottimi contabili.

D.V.