“Può tuttavia accadere che un gusto eccessivo per i beni materiali porti gli uomini a mettersi nelle mani del primo padrone che si presenti loro. In effetti, nella vita di ogni popolo democratico, vi è un passaggio assai pericoloso. Quando il gusto per il benessere materiale si sviluppa più rapidamente della civiltà e dell’abitudine alla libertà, arriva un momento in cui gli uomini si lasciano trascinare e quasi perdono la testa alla vista dei beni che stanno per conquistare. Preoccupati solo di fare fortuna, non riescono a cogliere lo stretto legame che unisce il benessere di ciascuno alla prosperità di tutti. In casi del genere, non sarà neanche necessario strappare loro i diritti di cui godono: saranno loro stessi a privarsene volentieri… Se un individuo abile e ambizioso riesce a impadronirsi del potere in un simile momento critico, troverà la strada aperta a qualsivoglia sopruso. Basterà che si preoccupi per un po’ di curare gli interessi materiali e nessuno lo chiamerà a rispondere del resto. Che garantisca l’ordine anzitutto! Una Nazione che chieda al suo Governo il solo mantenimento dell’ordine è già schiava del suo benessere e da un momento all’altro può presentarsi l’uomo destinato ad asservirla. Quando la gran massa dei cittadini vuole occuparsi solo dei propri affari privati i più piccoli partiti possono impadronirsi del potere. Non è raro allora vedere sulla vasta scena del mondo delle moltitudini rappresentate da pochi uomini che parlano in nome di una folla assente o disattenta, che agiscono in mezzo all’universale immobilità disponendo a capriccio di ogni cosa: cambiando leggi e tiranneggiando a loro piacimento sui costumi; tanto che non si può fare a meno di rimanere stupefatti nel vedere in che mani indegne e deboli possa cadere un grande popolo”. Alexis de Tocqueville

Non ho dubbi che la sensazione di déjà vu provata da coloro che abbiano avuto la bontà e la pazienza di leggere la nota introduttiva, sia stata accompagnata da un brivido di gelido stupore. Per tale ragione, è lecito attendersi che non cada nel vuoto l’invito a scorrerla più volte e a perseverare nella riflessione su quanto ivi riportato. D’altronde se è vero che “repetita iuvant”, ciò vale anche per compiere un’analisi attenta, approfondita e consapevole del pensiero di de Tocqueville e per raffrontarlo coscientemente alle contemporanee “Italiche reminiscenze”.

A mio parere, se non fosse che l’autore di tale arguto ragionamento politico-filosofico sia tornato ad essere “terra per i fiori” già da lungo tempo, si potrebbe avere il sospetto che fosse nelle sue intenzioni il riferimento, più o meno diretto, all’Italia degli ultimi vent’anni, ed in special modo alla Tirannide Berlusconiana sorta sulle rovine dell’Ordinamento Repubblicano “che fu, crollato suo malgrado sull’onda del Terremoto “Mani Pulite”.

E’ triste Storia Tricolore, che politici di ogni colore ed ideologia, ci avessero illuso per anni di essere tutti ricchi, di essere tutti un poco “Americani” e che tale “interessata” menzogna avesse spinto la maggior parte delle persone a chiudere gli occhi e a “sorvolare” sul Sistema corrotto che mandava avanti il Paese, anche perché dopo tutto si sa: una mano lava l’altra… L’apice di quel “nulla” fu toccato a metà degli anni ’80: l’epoca del Craxismo, delle rapide scalate al successo, della “Milano da bere”, dell’imprenditoria rampante, del dominio del lusso e delle apparenze, in cui “ungere qualche ruota” era una regola non scritta della vita.

Poi d’improvviso, la Stagione delle bugie parve venir meno. Una tempesta di denunce, inchieste giudiziarie, arresti, processi  e condanne, abbatté il modello nepotistico, dispotico e clientelare dominate – che univa da sempre Potere Economico e Potere Politico – con la rapidità con cui un castello di carte si piega di fronte ad una folata di vento.

Quel che tutti sapevano – e che molti si affrettarono a biasimare, per non rischiare di esserne additati come parte attiva – venne portato alla luce del Sole e la gloriosa Repubblica dei Padri Costituenti vestì i panni della più proverbiale “Repubblica delle Banane”, finendo i propri giorni in un fragoroso tintinnio di manette, contornato da dibattiti forcaioli – che contrapposero garantisti e giustizialisti – e da inimmaginabili dubbi sul futuro dell’Italica Nazione.

E visto l’assunto della famigerata Legge di Murphy, tanto goliardico quanto indiscutibile, alla malasorte toccata ai Palazzi del Potere si aggiunsero gli effetti legati alle turbolenze dei Mercati – che nello stesso periodo “affondarono” prima la Lira e poi l’intero “Sistema Paese”, proprio nelle fasi cruciali della nascita della “Comune Casa Europea” – la crescente sensazione di essere invasi da orde di barbari extra-comunitari, nonché il trauma dovuto a Manovre Economiche “lacrime e sangue” che colpirono, come d’uso, le classi meno abbienti, nel tentativo di chiudere il solito “buco” di fine anno e centrare qualche scialbo parametro finanziario.

Per quanti avendo una “RAM cerebrale poco estesa” abbiano scordato certi avvenimenti, questi pochi ma significativi esempi basteranno senz’altro a rammentare, perché gli Italiani si trovarono di punto in bianco a temere che il proprio futuro sarebbe diventato, di lì a poco, un insieme di crescenti rinunce e dolorose privazioni. E ciò, chiaramente, nel Paese di Bengodi non avrebbe potuto essere…

La preoccupazione di dover ridimensionare il proprio “stile di vita” da un lato e la volontà di punire i “vecchi” Rappresentanti delle Istituzioni dall’altro, condussero insomma ad unico risultato: l’imprevisto ed imprevedibile successo della “discesa in campo” del Cavaliere, delle sue iperboliche promesse dei un nuovo miracolo Italiano, del taglio delle imposte, del ripristino della sicurezza e del “mistico” milione di posti di lavoro…

Colui che in un sol colpo avrebbe risolto tutti i problemi dei propri concittadini, a cominciare dai suoi!

Oggigiorno, dopo 3 lustri fatti di chiacchiere e di insulti proferiti contro un avversario più teorico che pratico e che in più occasioni ha pensato bene di darsi la “zappa sui piedi” – quasi ad agevolarne scientemente i proclami – dopo anni passati ad attaccare la Magistratura, a smentire precedenti dichiarazioni, o a raccapezzare ridicole gaffes – piuttosto che a lavorare nel bene del Paese, lontano dalla ribalta – dopo aver disatteso pasticciati Contratti con gli Italiani (almeno per chi abbia abboccato), siamo ancora fermi ai blocchi di partenza, nauseati dalla sola suprema verità: certe situazioni della vita politica, da cui derivano profonde “derive sociali” dei popoli, restano sempre uguali a sé stesse e non evolvono mai in meglio, per il bene dei cittadini.

Si odono ancora le solite promesse da marinaio dal perdurante carattere elettorale, si assiste inermi alla catastrofe economica ed alla mancanza di un lungimirante Piano Economico che porti l’Italia nel 2000, con dieci anni di ritardo. Ed incredibilmente molte persone continuano ad idolatrare un uomo dalle dubbie capacità politiche, che fa e disfa lo Stato, quasi fossero assuefatte alla sua sterile permanenza al potere. L’uomo di Arcore costantemente impegnato ad adulare sé stesso, a gratificare la propria incommensurabile vanità e a promuovere la sua “corte” come Partito delle Libertà, dell’Amore, o del Fare, in base ai consigli riservatigli dal mutevole umore mattutino.

La cronaca corrente inerente al Decreto Interpretativo Salva-liste, che riempie i quotidiani, le TV e i discorsi dell’uomo della strada, dimostra quanto sia regredito lo “Statismo Italiano” da quando è alle prese con il Berlusconismo e la dicono lunga sulla considerazione zero riservata al popolo dalla Politica… Tutta la Politica, senza distinzioni di colore, né di ruoli.

Da elettore che non si piega, né si spezza, ma che rimane ben dritto con la schiena, non mi sta bene che il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, si nasconda dietro ad obblighi imposti dalla Costituzione – tutti da dimostrare – ed apponga senza troppi problemi la sua firma su un atto di Legge scandalosamente ingiusto ed iniquo; non mi sta bene che il Presidente del Senato, Renato Schifani, giustifichi l’intervento Governativo come “ristabilimento della sostanza a dispetto della forma”; sono deluso dal fatto che l’illuminato Presidente della Camera, Gianfranco Fini, parli del Decreto come “male minore”; non accetto che il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, “cada sempre in piedi” al cospetto della Legge Italiana, in special modo quando abbia palesemente torto.

Da cittadino ligio agli obblighi e ai doveri, non voglio che l’Ordinamento Statuale venga ridotto ad una comica, per l’opera sbrigativa e non congrua di poche persone lontane dal “sentire della gente”. Come il contribuente sa che “mancare” un termine di pagamento delle imposte gli costi poi, pesanti sanzioni e sovrattasse; come uno studente universitario che saltando un appello d’esame, non abbia altra scelta che ripresentarsi a data futura; come il viaggiatore che giungendo tardi al Check-in aeroportuale sia costretto a rimanere a terra; esigo che le Norme Giuridiche siano rispettate a dovere da chi abbia l’onore e l’onere di rappresentarmi. La preminenza della Legge non può essere aggirata, sbandierando la causa del pur importante valore della Partecipazione.

La Carta Costituzionale e le Istituzioni sono beni comuni della Nazione ed è semplicemente insopportabile assistere al loro continuo scempio.

Non è possibile che ci si debba appiattire a ritenere che 4 sparuti Politici siano nel contempo “il male e la cura”, in un circolo vizioso senza soluzioni di continuità che non siano mera apparenza e che rispetto ed ubbidienza tocchino solamente ad altri 60 milioni di persone.

Quasi rassegnati al fatto che i crismi della Democrazia siano ormai succubi dello sventolio di Libertà fasulle e di falsi problemi; scioccamente convinti che Ordine e Sicurezza debbano prevalere sui Diritti Fondamentali dell’uomo; comunque fiduciosi che la Giustizia presto o tardi risorga dall’oblio in cui è stata relegata e torni a premiare l’Onestà; inattesa è giunta l’ultima immonda nefandezza che salva la poltrona, ma non l’Onore, né la Leal dei Potenti, agli occhi di tutti noi, cittadini della gloriosa Terra d’Italia.

“O patria mia, vedo le mura e gli archi
E le colonne e i simulacri e l’erme
Torri degli avi nostri,
Ma la gloria non vedo,
Non vedo il lauro e il ferro ond’eran carchi
I nostri padri antichi…”. (G. Leopardi)

Sempre e comunque: Viva l’Italia!

D.V.