Ford T“Fix It Again Tony”!

Questa era la storpiatura dell’acronimo societario, che in passato andava di moda in America, con riferimento all’Italico marchio. In passato appunto, perché tanta acqua è scorsa sotto ai ponti, dal giorno in cui il monopolista nazionale dell’auto fu costretto a far fagotto e a “scappare” dal mercato U.S.A., regno di quelle super car – enormi sia nella stazza, sia nei consumi – descritteci da innumerevoli pellicole nel corso degli anni.

Quel mondo costruito da managers disinvolti, strampalati e strapagati, che dopo decenni d’investimenti sbagliati, di politiche gestionali affatto lungimiranti e di scelte produttive non innovative è collassato di botto, sotto i colpi della crisi economica mondiale, per la “somma felicità” dei lavoratori a stelle e strisce.

E’ proprio qui che entrano in gioco la FIAT, ed il suo boss Sergio Marchionne.

Infatti mentre si susseguono infinite e demagogiche promesse circa la rapida ripresa del settore (come di tutti gli altri) e mentre vagonate di nuovi disoccupati si presentano all’appello, essa si trova a raccogliere i frutti delle proprie ricerche in tecnologie eco-compatibili, della razionalizzazione delle spese, e dell’essersi offerta quale polo accentratore dei Gruppi – troppi – esistenti.

Conquistata la Chrysler, ossia il 3° produttore del Paese Nord Americano, dopo aver rischiato di essere “fusa” in quel gruppo GM – che nei primi anni 2000 deteneva il primato mondiale di macchine prodotte e che oggi naviga tra un fallimento annunciato ed una salvataggio sperato – e nell’attesa di ottenere l’OPEL dopo le prossime elezioni Tedesche, l’azienda italiana sta “manovrando” efficacemente per la gioia incontenibile ma composta, di quanti abbiano sempre creduto nelle potenzialità delle nostre maestranze. Purtroppo come d’uso, non manca neppure l’indebito “godimento” nazional-popolare di certi politici, sempre pronti a cavalcare l’onda di un finto orgoglio tricolore.

Gloria all’impresa FIAT ed onore al Made in Italy per carità, ma che questi signori si astengano dal dire, che ciò evidenzi che risolvendo i problemi del mondo, il mondo non diventi “il” nostro problema, poiché è indubbio che la realtà quotidiana indichi la loro incapacità a risolvere i nostri pluriennali crucci.

Chiaramente da parte loro, gli Statunitensi non l’hanno presa bene e di certo non lo faranno i Tedeschi, ma è la Globalizzazione gente, la stessa forma di rivoluzione che, quando camminiamo per strada ci fa sentire quell’odore di spezie e di Kebab, che tanti Sindaci “illuminati” sono pronti a spazzar via, con fredde folate di vento chiamate Ordinanze. Ma questa è un’altra storia…

D.V.