“Vi sono due cose che un popolo democratico farà sempre con grande fatica: cominciare una guerra e finirla”. Alexis de Tocqueville

Politica ed Economia, una diarchia nata e cresciuta di pari passo con l’umanità e tenuta assieme da un unico ed incedibile collante: il Potere. A far da contorno – a volte come principio, a volte come fine – stanno Guerra e Religione, o meglio, come sempre più spesso accade, sta un loro connubio dal sapore Jihadista o Crociato (a seconda dei punti di vista, naturalmente).

L’epoca in cui viviamo non è quella dell’atomo, né quella dello Spazio e né tanto meno quella delle comunicazioni e di Internet come siamo indotti a credere.

La verità, semplice ed indiscutibile, è che siamo immersi fino al collo nell’era del Petrolio e non solo perché ci troviamo ad assistere, “in diretta”, al disastro del Golfo del Messico. Il predominio sulle risorse naturali è lo scopo ultimo di Governanti, Economisti, Magnati dell’Industria, “Santi” e Generali – in particolare di quelli a “stelle e strisce” – e ciò senza per forza perdersi in datate e sterili considerazioni, circa le molteplici forme di “imperialismo” predatorio (soprattuto quando si sia divenuti schiavi di uno “stile di vita” d’importazione, a cui difficilmente si rinunci).

Perché ci si chiarisca le idee, occorre dunque prendere atto, nostro malgrado, che lo sviluppo del mondo non si basi sul ricorso alla Cooperazione Internazionale, ma essenzialmente sul “legame a due” che unisce  il primo produttore di Oro Nero del mondo, l’Arabia Saudita ed il primo consumatore, gli Stati Uniti. Scelte politiche, decisioni economiche, conflitti bellici e scontri etnico-religiosi sono solo le balzane conseguenze di tale realtà.

Neanche le profonde tensioni causate nel tempo dalla Guerra del Kippur prima e da Osama Bin Laden poi, hanno sconvolto più di tanto la stabilità del “filo diretto” che unisce Regno Wahabita e Casa Bianca. Tutti disposti a chiudere un occhio per poter continuare a  “nutrire” i soliti noti, Lobbysti, populisti, guerrafondai ed i vari asserviti al Dio Denaro.

D’altronde, per restare al leader di Al-Qaeda, se non possono esserne messe in discussione le assidue frequentazioni con esponenti della Casa Regnante di Riad, nessuno può disconoscere che prima di diventare il nemico pubblico numero 1 e ricercato principale di CIA, NSAFBI, egli sia stato per molto tempo, un buon “compagno di merende” dei potenti di Washington, formalmente in virtù della sua collaborazione in attività anti-Sovietiche, sul territorio Afghano, nel corso degli anni ’80. Insomma, “amico o nemico”, dipende dalla misura in cui “ti metti di traverso” al cospetto delle “ragioni Statunitensi”, in qualsivoglia questione globale.

Afghanistan, che dire? Prossimi ai dieci anni dall’invasione del Paese, in base alla logica dell’attacco preventivo tanto cara a George W. Bush, non si conosce ancora una data presunta di ritiro delle truppe Occidentali. Neppure il “pacifico” Presidente Obama si sbilancia in merito, smentendo chi parli della fine del 2011.

Occupanti e Liberatori, crociati infedeli e benedetti da Allah, gli eserciti della NATO e le milizie Talebane, si fronteggiano per ragioni in cui le parole “Democrazia” e “Lotta al Terrorismo Islamico” sono ormai secondarie.

Ancor più, dopo che qualche settimana or sono, alcuni geologi Statunitensi finanziati dal Pentagono, hanno svelato di aver scoperto un gigantesco tesoro di giacimenti minerari che includono vene di Ferro, Rame, Cobalto, Oro e Litio. La stima di mille miliardi di Dollari parla da sé, così come non occorre aggiungere altro circa i nuovi obiettivi della guerra: mantenere le (lucrose) posizioni…

Per questo, al di là delle ragioni “ufficiali”, dovrebbe far riflettere parecchio che la designazione del nuovo Comandante delle Armate ISAF – ormai prossime a toccare quota centocinquantamila unità –  sia caduta sul Generale David H. Petraeus, che a suo tempo parlò di “potenziale enorme” riferendosi alla scoperta. Un “Eroe Americano”, già artefice della rinascita (presunta) dell’Iraq, nominato Capo delle Operazioni a Kabul e dintorni alla vigilia del 4 Luglio, festa dell’Indipendenza, giusto in tempo per “vincere la guerra”. Ce n’è abbastanza per un nuovo capitolo della saga di Rambo…

Un memorandum del Ministero della Difesa U.S.A. sottolinea che l’Afghanistan possa diventare “l’Arabia Saudita del Litio”, ossia di un elemento metallico sempre più raro, fondamentale nella produzione di batterie (e chiaramente, di chissà quale arma allo studio). A questo punto, la rapida ed imprevista destituzione di Stanley McChrystal potrebbe essere letta con occhi diversi, vista la concatenazione di eventi e coincidenze e si potrebbe aggiungere, che se le investiture politiche dipendessero dal farsi dei nemici, egli potrebbe assurgere al ruolo di candidato Repubblicano, nella disfida all’attuale Democratico inquilino della Casa Bianca, alle Presidenziali del 2012.

In effetti, prescindendo dalle discutibili critiche per la cattiva gestione bellica, indirizzate ad Obama ed al suo Vice, Joe Biden, non ci si può dimenticare che di recente, di fronte ad una Commissione del Congresso, l’ex Generale avesse parlato di difficile miglioramento della situazione sul campo, entro i prossini 6/9 mesi. Affermazioni dure da digerire, specie per quanti fossero “interessati” a limitare lo strapotere della Bolivia (del “compagno” Evo Morales) nel Mercato Mondiale del Litio, a rilanciare la “Pax globale in salsa chili”, a veder riconfermati gli ingenti contratti di fornitura militare e ad evitare nel contempo un nuovo, inglorioso, ed affatto patriottico, Vietnam.

Infine, tenendo conto della crescente ostilità di Washington verso il “traditore” Hamid Karzai – troppo incline a ricevere “bustarelle” dai Cinesi, per concedere loro i diritti di sfruttamento sul territorio – si capisce che il dado sia quantomai tratto…

Alla luce di ciò, non ho problemi a ritenere che a parte Al-Jazeera, Al-Arabiya, Morgan Spurlock e me, nessuno abbia più interesse a sapere se Osama Bin Laden sia vivo o morto, o al limite, a conoscere il luogo dove sia stato “tranquillamente” domiciliato…

D.V.